La macchina
protagonista ne “La coscienza di Zeno” è l’uomo. Zeno Cosini, nel suo ruolo di
malato immaginario intento ad analizzare se stesso, scopre in ogni sua azione i
meccanismi che muovono non solo la propria coscienza ma anche il proprio corpo.
Ed è proprio il pensiero della complessità di tutti gli ingranaggi che
compongono la macchina uomo la causa
della sua malattia.
L’assimilazione del corpo umano ad una
macchina è evidente in un passo particolare del romanzo, dove l’autore,
riferendosi ai cinquantaquattro muscoli coinvolti nell’azione del camminare, parla
di “macchina mostruosa” e attribuisce la propria claudicazione alla mancata
lubrificazione dei suoi congegni:
“A quel
groviglio di congegni pareva mancasse ormai l’olio e che, movendosi, si
ledessero a vicenda”.
Altrove si
mette in luce il meccanismo della respirazione, che viene assimilato ora ad un
orologio:
“Pieno di rispetto mi fermai per qualche
tempo dinanzi alla porta di quella camera nella quale il povero Copler col suo
rantolo, dal ritmo tanto esatto, misurava il suo ultimo tempo”;
ora ad una
locomotiva:
“Vanno così le locomotive che trascinano dei
pesi enormi: emettono degli sbuffi regolari che poi s’accelerano e finiscono in
una sosta, anche quella una sosta minacciosa perché chi ascolta può temere di
vedere finire la macchina e il suo traino a precipizio a valle”.
Il concetto di
uomo come macchina trova il suo apice nella conclusione del romanzo, dove si
evince come la macchina pensante che è l’uomo sia stata capace di creare nuove
macchine, “gli ordigni”, che
costituiscono un’estensione della macchina uomo
, garantendo un ampiamento delle sue funzionalità:
“I suoi primi ordigni parevano prolungazioni
del suo braccio e non potevano essere efficaci che per la forza dello stesso”.
Calate nel
contesto della prima guerra mondiale, queste osservazioni si riferiscono
soprattutto alle armi da guerra.
Tuttavia gli ordigni vengono intesi quali prolungamento del corpo
umano anche quando non sono finalizzati ad azioni di forza e prevaricazione.
Una macchina che accompagna buona parte del racconto è il violino e in quei
passi sembra quasi che il corpo umano sia descritto quale strumento musicale e
il violino ne sia un suo prolungamento:
“Anche l’essere più basso quando sa che cosa sieno
le terzine, le quartine o le sestine, sa passare dalle une alle altre con
esattezza ritmica come il suo occhio sa passare da un colore all’altro. Da me,
invece, una di quelle figure, quando l’ho fatta, mi si appiccica e non me ne
libero più, così ch’essa s’intrufola nella figura seguente e la sforma. Per
mettere al posto giusto le note, io devo battermi il tempo coi piedi e con la
testa, ma addio disinvoltura, addio serenità, addio musica. La musica che
proviene da un organismo equilibrato è lei stessa il tempo ch’essa crea ed esaurisce. ”
“Per saper far ciò, basta disporre di un
organismo ritmico, una mano sicura e una capacità d’imitazione. ”
L’organismo può
essere qui interpretato quale una macchina capace di svolgere una funzione particolare,
cioè quella di produrre musica, tanto che quello di Zeno appare quasi come una
macchina difettosa.
La descrizione
del corpo umano in tali termini prosegue ed è ancora più evidente con l’assimilazione
della voce ad uno strumento musicale:
“Poiché la voce umana sapeva produrre varii
suoni non era giusto di considerarla quale uno strumento solo. Anche il violino
allora avrebbe dovuto essere considerato quale un conglomerato di strumenti.
”
Tuttavia, al
termine della narrazione, Svevo afferma che la tecnica ha progredito in maniera
tale che “oramai l’ordigno non ha più
alcuna relazione con l’arto”.
Dunque, l’attenzione
non è più rivolta alla macchina uomo ma
alle macchine che vengono create dall’uomo e la cui proliferazione rischia di indebolire
l’uomo stesso, dal momento che la sua forza viene riposta sempre più in qualcosa
di esterno al suo corpo: “Gli ordigni si
comperano, si vendono e si rubano e l’uomo diventa sempre più furbo e più
debole”. Ciò - secondo Svevo – è responsabile
della perdita della selezione salutare che
determina l’evoluzione: “La legge del più forte sparì” per essere sostituita dalla “legge del possessore del maggior numero di
ordigni”, sotto la quale “prospereranno
malattie e ammalati”.